Premetto di non amare i monologhi e i flussi di coscienza e di avere un rapporto conflittuale con le opere di Margaret Mazzantini. Detto questo, la storia di Zorro, senzatetto un po’ scorbutico, non è male. Era sempre stato un uomo comune, dall’infanzia serena, con un lavoro e una moglie, finché una telefonata non ha sconvolto tutti gli equilibri, facendogli decidere di allontanarsi da tutti, anche dal legame forte con la sorella Nanda. Adesso vive per strada, ma non allunga la mano per chiedere aiuto, si reca dalle suore per i pasti di cui necessita e ogni tanto fa anche una doccia per togliersi di dosso l’odore di “selvatico” e, dal piccolo cantuccio in ombra nel quale si è rifugiato, osserva l’umanità che lo circonda. È un breve testo, pensato e scritto per il teatro e credo che, in quel contesto, sia destinato a rendere molto di più!
Anto Spanò