Steinbeck scrisse Uomini e topi (titolo originale Of mice and men), nel 1937. Siamo in California, in un periodo di grande crisi economica e morale che avviluppa inesorabilmente l’intera nazione americana George e Lennie sono due braccianti stagionali. Vagano fiduciosi di ranch in ranch per accumulare un gruzzoletto che possa consentire loro di realizzare il sogno di diventare proprietari di un piccolo appezzamento di terra, una casetta, qualche animale da allevare. Sono legati da una profonda amicizia. George si prende molta cura di Lennie, un vero e proprio gigante, dotato di una forza sovrumana, ma con la mente di un bimbo. Sfuggiti alle conseguenze di un evento cruento cagionato da Lennie, dopo mille peripezie raggiungono l’ennesimo ranch dove però la vita presenta subito il lato più duro. Steinbeck con grande maestria, nei dialoghi stretti e serrati cosi come nella descrizione degli ambienti, riesce a rendere partecipe il lettore della grettezza morale dei singoli personaggi, dei loro sentimenti più negativi, quali la gelosia, l’indifferenza, il razzismo. Inevitabilmente, in un simile ambiente, l’estrema fragilità mentale di Lennie finisce con lo scontrarsi con l’insensibilità della gente del ranch. Ma solo il fedele amico George è a conoscenza della fragilità di Lennie. Una fragilità estrema che può trasformarsi, all’improvviso, in violenza incontrollabile. E proprio mentre Lennie sta cullando nella sua mente infantile il suo grande sogno, nel quale riesce in qualche modo a coinvolgere due sventurati come lo scopino e lo stalliere, la sua fragilità, messa duramente alla prova, si trasforma in devastante quanto incontrollabile violenza. E di fronte alla tragedia che ne consegue toccherà proprio al fedele amico George fare un gesto estremo che spezzerà definitivamente ogni sogno. Un breve romanzo, scritto magistralmente, che coinvolge emotivamente il lettore lasciandogli una patina di grande amarezza.
Domenico Intini