Tutto inizia con una telefonata alla polizia. Con un suicidio apparente. E tutto diventa incalzante, la storia si espande, si aggroviglia, senza lasciare il tempo di riflessione al lettore. “Una Storia Semplice” è un giallo siciliano, con sfondo di mafia e droga, ed una menzione, o per dirla in termini cinematografici, un cameo di un quadro sparito. Di fronte al susseguirsi dei fatti, l’unico personaggio che cerca la verità, un brigadiere, è chiamato, e noi lettori insieme con lui, a far agire in un tempo minimo i riflessi, riducendo il tempo stesso ad una frazione di secondo. Su questa intrigante matassa, dotata di forte tensione narrativa, l’autore innesca dei meccanismi gialli perfettamente oleati, brillanti e curati come un prodotto di altissima orologeria, all’interno dei quali si annidano quasi inosservati diversi piani di lettura. Ai piani più alti, il lettore avveduto percepisce il nitido profumo di mafia e di droga (mai esplicitamente menzionate), come pure i velati riferimenti all’omertà meridionale, alla negligenza di un sistema che ineluttabilmente prevale sulla buona volontà individuale. La collocazione temporale del libro Una storia semplice di Leonardo Sciascia non è precisa, ma si può pensare che sia intorno alla fine degli anni 80. E’ l’ultimo libro dello scrittore siciliano, morto nel 1989 e alcuni particolari dell’ambientazione e dei personaggi lasciano presagire che il periodo del romanzo combaci con l’anno della sua stesura. Il suo stile è caratterizzato da una scrittura precisa, diretta, ironica e molto spesso dolceamara, che rapisce il lettore fino all’ultima pagina delle sue opere. I finali dei gialli di Sciascia sono spesso fortemente pessimisti, denunciano che la realtà dei fatti è spesso molto più sorprendete dell’epilogo di un romanzo. Questo rende lo stile dello scrittore siciliano ancora più efficace e potente. Leggetelo, non è poi una storia tanto semplice, ma è molto appassionante.
Giuseppe Romito