Boris Pahor è un autore le cui opere sono rimaste sconosciute qui in Italia fino a qualche anno fa. Eppure egli è nato a Trieste. Ma è nato in un periodo difficile, un periodo in cui Trieste era una città di confine: era stata da poco annessa all’Italia e si stava affermando il fascismo. Pahor è di origine slovena, si sente sloveno, parla sloveno e non accetta l’italianizzazione forzata posta in essere dal governo fascista. Da questo processo forzato rimane danneggiato, non riesce ad apprendere in una lingua diversa, non rende, è preso in giro per gli sbagli che commette nel comporre in italiano. Deve pertanto lasciare la scuola e ripiegare nel sacerdozio. Ma poi scoppia la seconda guerra mondiale e lui fa parte di una minoranza etnica, quindi viene deportato nei campi di concentramento… In questo libro, come potete dedurre facilmente, l’autore ripercorre tutta la sua vita, dalla nascita fino alla sua esperienza giornalistica e letteraria che si svilupperà dopo la fine della 2° guerra mondiale, un’attività che ha come unico scopo la denuncia delle violenze delle dittature. Un testo molto interessante da leggere per imparare.