Di solito, quando voglio staccare la mente da una serie di letture impegnative, mi butto sulla saga di Jack Reacher: per me è una sorta di garanzia di successo, la tipica lettura d’evasione che non delude mai. Questa volta, però, qualcosa è andato terribilmente storto. Non ho trovato il ritmo incalzante a cui Lee Child mi ha abituata, essendosi perso spesso e volentieri in descrizioni irrilevanti ai fini della trama e fuori luogo rispetto al genere di appartenenza. Infatti, nonostante la vicenda si svolga in un arco temporale di pochi giorni, l’autore riesce a farla sembrare lunga secoli, aggiungendo pagine su pagine di dettagli che, se tagliati, avrebbero regalato alla storia un notevole beneficio in termini di ritmo e coinvolgimento. Per il resto, ho trovato tutti i personaggi piuttosto banali e stereotipati: il cattivo col volto costellato di cicatrici e un uncino al posto della mano, la bella e giovane antagonista con cui imbastire una relazione anch’essa abbastanza scontata. Il resto dei personaggi, invece, li ho trovati piuttosto inverosimili, come pure alcuni passaggi della vicenda. Nonostante tutto, devo dire che i libri di Jack Reacher si leggono sempre abbastanza volentieri per via della prosa semplice e scorrevole di cui l’autore fa uso, ma, fra quelli letti finora, devo dire che per me, questo capitolo della saga, rimane il peggiore di sempre. Spiacente, Reacher. Sarà per la prossima.

Stefania Russo