Jorge Amado è tra i maggiori scrittori del Sudamerica e di lingua portoghese; con i suoi romanzi più noti – “Dona Flor e i suoi mariti” e “Gabriella garofano e cannella”- ci ha raccontato in maniera eccezionale il Brasile, soprattutto quello dello stato di Bahia. Probabilmente non è corretto definire “Sudore” un vero e proprio romanzo. Il libro nasce da una serie di appunti che Jorge Amado aveva annotato nel 1928, quando studente giovanissimo aveva abitato in Largo Pelourinho a Salvator di Bahia, luogo dove è ambientato il libro. È un enorme e affollato caseggiato sito al civico 68 il protagonista di una storia senza eroi, che si potrebbe definire come l’occasione che l’autore coglie per descrivere le condizioni del proletariato urbano. Stranieri – Passatempi – Religione – Sesso sono i titoli di alcuni capitoli, ma dedicando il primo ai topi, gli unici a ingrassare tra gli inquilini di quelle mura, comprendiamo subito che la miseria, la fame e la promiscuità lasciano poco spazio alla speranza che qualcuno possa uscir vincitore nella continua lotta per la sopravvivenza. Trovare qualche moneta per un pasto, è la battaglia che ogni giorno ognuno degli oltre cinquecento inquilini deve affrontare; eppure scaricatori di porto, lavandaie, prostitute, ladri e mendicanti avranno maniera di ritrovarsi non solo in una bettola o nel cortile a cantare al suono di una chitarra, ma uniti nella stessa speranza di emancipazione. “Sudore” è un libro consigliato a chi già ha letto Jorge Amado e voglia approfondirne la conoscenza.
recensione di Beatrice Maffei