Se non ora quando è un romanzo di Primo Levi scritto nel 1982, vincitrice del Premio Campiello e Viareggio. Il titolo è tratto da uno scritto del Talmud, uno dei libri sacri dell’ebraismo. Il libro è itinerante, ambientato tra il luglio del 1943 e l’agosto del 1945, tra Bielorussia, Ucraina, Polonia e Germania, fino a terminare a Milano, in una città liberata dai partigiani e dagli Alleati. Narra le vicissitudini di una banda di partigiani ebrei guidata dal comandante Gedale, per questo motivo la formazione verrà chiamata gedalista. Composta inizialmente da una una cinquantina di uomini e donne, compiono battaglie, sabotaggi e liberazioni di prigionieri; la loro formazione è variegata, dall’orologiaio Mendel e il cupo e riservato Leonid, che inizialmente s’incontrano in un bosco e senza conoscersi decidono entrambi di di unirsi alla lotta armata; il russo Pavel, fuggiasco e soldato dell’Armata Russa. Anche la figura della donna combattente è rappresentata egregiamente da Line, fervente sionista, femminista e libertaria (sarà la donna di tutti e di nessuno). Hanno tutte diverse storie di provenienza e differenti vite, sembrerebbe che l’unica cosa che li accomuni per la scelta di diventare partigiani sia principalmente il loro orgoglio di essere ebrei, ma paradossalmente non è così. La maggior parte del gruppo non conosce nemmeno preghiere della loro religione e non conosce l’yddish o l’ebraico, ma combattono per differenti motivi: chi per motivi politici, chi per dare un senso alla loro vita, per vendetta e rivalsa, per riscatto del proprio popolo. Levi in questa opera vuole evidenziare ed esaltare l’eroismo di quei tanti uomini ebrei che riuscirono ad imbracciare le armi per combattere le brutalità del nazi-fascismo. Nei ghetti di Varsavia, nei campi di concentramento e in ogni luogo dell’Europa martoriata dalla guerra e dalle deportazioni ci furono ebrei pronti a combattere. È un romanzo che riscatta la figura dell’ebreo designata unicamente come agnello sacrificale nell’altare dell’Olocausto; esce dal classico stereotipo dell’ebreo sottomesso, inerme e assistenziale nella liberazione, è figura principe e partecipe della lotta e del loro riscatto. L’autore evidenzia magistralmente a fine dell’opera, che se anche a termine della guerra e della sconfitta del totalitarismo nazi-fascista, mentre per tutte le nazioni del mondo si pensava ad una totale e comune ricostruzione, per gli ebrei la guerra continuava e purtroppo continua. L’antisemitismo per fattori etnici sociali religiosi e l’anti sionismo per motivi politici economici sono una “morsa” ancora opprimente tutt’ora.

recensione di Antonio Martino

Editore: Einaudi
Edizione: 2
Anno edizione: 2014
Formato: Tascabile
In commercio dal: 22 aprile 2014
Pagine: 348 p.
  • EAN: 9788806221409
  • prezzo 13,00 euro