Quando l’ho acquistato ammetto di aver letto un po’ distrattamente la trama poichè il titolo preannunciava già chiaramente il contenuto della storia. Non mi sono mai interessata particolarmente alle altre religioni e nemmeno al cattolicesimo, a dire il vero. Ero attratta dal titolo e della storia personale della protagonista più che dal contesto religioso. Infatti prima di avere tra le mani questo librino di appena 120 pagine, ero assolutamente convinta che si parlasse del mondo islamico. E invece no. La donna protagonista del libro, Rachele, è una donna ebrea ripudiata dal marito perchè le leggi ebraiche impongono di farlo quando la moglie non è in grado di dare un figlio entro 10 anni dal matrimonio. Ho già ammesso la mia ignoranza in fatto di religione e infatti pensavo che la religione ebraica fosse più vicina al cristianesimo di quanto potessero esserlo tutte le altre. E invece mi sono ritrovata in un mondo lontanissimo, in una zona del mondo, Israele, in cui la donna è relegata al ruolo di madre ed è costretta a matrimoni combinati. Le donne non hanno accesso allo studio della Torah perchè questo è compito riservato esclusivamente agli uomini. Sono costrette ad un rito di purificazione dopo il settimo giorno della fine del ciclo mestruale, non hanno diritto di andare dal medico per risolvere eventuali problemi di procreazione e sono costrette a sopportare il peso della sterilità, anche quando ciò non dipende da loro. Una situazione claustrofobica di cui si è costrette a rendere conto non solo ai mariti e alla famiglia, ma anche ai capi religiosi. Per completezza d’informazioni, ho anche fatto una ricerca su internet e ho scoperto che ci sono diverse “correnti ” ebraiche. In questo libro si parla della comunità ebraica ortodossa che segue leggi e tradizioni immutate da secoli, leggi e tradizioni che sembrano fuori da ogni logica nel XXI secolo.
Anto Spanò