Quando Charles Bukowski scrive “Pulp”, la malattia l’ha già colpito. Sa che gli rimane poco tempo e infarcisce il testo di estemporanei riferimenti alla sventura e alla morte che incombe. Al di là di questi brevi espedienti narrativi, “Pulp” resta un romanzo squisitamente ironico. Nick Belane, che in qualche modo fa pensare, ancora una volta, a un colorito alter ego dello scrittore, è un improbabile investigatore privato alle prese con un gruppo di clienti a dir poco strampalati. Fra paradossi e scene apocalittiche, l’autore non pone limiti alla fantasia e imbastisce un testo asciutto e diretto, in perfetto stile hard-boiled, con l’assoluta consapevolezza di dover suggellare il proprio lascito letterario. Sarcastico e disincantato, il testo attirerà consensi fra gli appassionati del genere. Probabilmente non il miglior Bukowski, da approcciare solo se si conosce già l’autore.
Stefania Russo