Jude ha appena ricevuto una telefonata in cui gli viene comunicata la morte del padre. Lascia immediatamente il monolocale in cui si è rifugiato dopo la scoperta del tradimento della moglie e si precipita nella casa paterna dove, nel frattempo, stanno giungendo tutti gli altri fratelli. La famiglia di Jude è ebrea, ma il padre non era mai stato né credente, né tanto meno praticante; giunge pertanto inaspettata la comunicazione dell’ultima volontà paterna: la famiglia dovrà osservare la Shiva, dovrà cioè convivere sotto lo stesso tetto per i 7 giorni di lutto e sedere su apposite seggioline ricevendo le visite da parte di amici e parenti. I fratelli non sono entusiasti per questa convivenza forzata, sono anni che non stanno tutti sotto lo stesso tetto, che non riescono a comunicare, ma, trattandosi dell’ultima volontà del padre appena morto, si rassegnano e si adeguano. In questi 7 giorni succederà di tutto e di più, verranno fuori i problemi che mai sono stati risolti, le fragilità di ognuno di essi, ma anche l’affetto degli uni verso gli altri. Non si tratta sicuramente di un capolavoro della letteratura contemporanea, ma l’ho letto molto volentieri. Magari perchè in questo momento sono coinvolta emotivamente dall’argomento e anch’io avrei desiderato una famiglia, anche strampalata come quella dei Foxmann, con cui condividere lo stesso dolore e gli stessi ricordi…Chissà! Il libro, trattando l’argomento del lutto per la perdita di un familiare stretto, non risulta affatto pesante, anzi l’autore arricchisce la storia con equivoci, episodi esilaranti e tanta ironia. L’unica pecca, secondo il mio parere, è questo continuo ricorrere al sesso. Per coprire in parte dei vuoti narrativi? Boh!

Anto Spanò