Lava il fetore della perfezione e racconta
il sublime disastro che sei.
Non dimenticare i girasoli sul confine
i corpi immersi nel buio come isole
gli occhi scintillanti nelle tue dieci lune
le dita ladre prima del disprezzo
vergate di terra e fame.
Nello specchio togli le scuse
e perdona la bocca tradita
non pulire la macchia sul pavimento
con il rigurgito di un altro abbandono
e fai scivolare la mano sulla piastrella
dove lasciasti l’impronta del sangue
per ricordarti viva.
Afferra il bastone che ti piegò le ossa
benedici di giorno il silenzio
che difese la testa e il cuore.
Racconta del fiume che strappa
il più sottile dei giunchi e di notte
mormora sul bordo delle ciglia.
Solleva ancora lo sguardo di meraviglia
a cercare la luce rossa nella volta scura
dove l’architetto del tuo destino
nascose la chiave, impara e bacia
la paura che ti ha dato nelle vene
inchiostro d’inquietudine e tempesta.
“Sezione aurea”
Impossibile essere l’una e l’altra
la bambina randagia, la ninfa saggia
la ragazza cattiva e la femmina in cattività.
È un numero irrazionale sfuggito alla stanza dorata
la misura di tutte le donne che sono stata.
Come se l’idea di me avesse di sé
nell’originale nient’altro che la copia.
È una moltitudine che mi espropria.
Mirela Stillitano