In questo libro la Fallaci ci racconta la cronaca di un giorno straordinario per l’umanità. Ce lo racconta come un bambino curioso e incosciente non si chiede mai se la scienza possa far bene o male. Affascinata da sempre dei capolavori di Jules Verne ed estimatrice di un maestro della fantascienza come Ray Bradbury, ci racconta questa avventura preparandoci a nuove imprese. Il libro non è solo l’allunaggio, ma anche interviste, le sue emozioni, gli interrogativi senza risposta. E’ un racconto di fatti reali, ma con la fantasia di chi sogna ad occhi aperti. Come però per una giornalista che si rispetti, Oriana mette anche nella scena, i “negri” dell’attivista Abernathy. Volevano protestare per la loro miseria, non riuscirono arrivare nemmeno ai cancelli di Cape Kennedy a causa degli schieramenti militari. Abernathy dice: “Riuscirete a far sopravvivere due uomini sulla Luna e non riuscita a far sopravvivere noi poveri sulla terra”. Definizione veritiera. Quando incontrò il capo della Nasa Thomas Paine che gli rispose: “Se fosse possibile non premere il bottone che fa partire il razzo e se facendo così io potessi risolvere il problema della povertà, mi creda dottora Abernathy, lo farei. Ma non è possibile, e se lo fosse non risolverebbe nulla, e allora io vi chiedo di attaccare i vostri carri ai nostri razzi” e fece passare sessanta di loro ad assistere all’evento e mangiarono e si dissetarono. Questo ci pone davanti ad uno dei bivi più grandi dell’umanità: da una parte la povertà che va avanti a stento, dall’altra, i miliardi spesi per andare nello spazio. La Fallaci racconta come sempre le contraddizioni dell’umanità. Lo fa col suo stile da sognatrice e guerriera. Adoro la sua personalità anche se non condivido tutto. Non avevo ancora letto nessuno dei suoi libri fino adesso, voglio continuare.
Elena Antonini