OBLOMOV, capolavoro della letteratura russa, trova la sua sintesi estrema nella espressione utilizzata dallo stesso autore: “OBLOMOVISMO”. Sembrerebbe, a prima vista, una corrente letteraria oppure un movimento di pensiero. In realtà è tutt’altro. E Goncarov, con grande maestria, descrive puntualmente, pagina dopo pagina, cosa è l’“OBLOMOVISMO”. Iljusa, è un bambino appartenente agli Oblomov, una ricca famiglia di proprietari terrieri, viziato fino all’inimmaginabile dai genitori, da parenti e da uno stuolo di servitori secondo le regole non scritte del “ sistema educativo oblomoviano” . Un sistema educativo incentrato nell’eliminare ogni più piccolo ostacolo o un potenziale pericolo che si fosse presentato sulla strada di Iljusa. In maniera molto efficace Goncarov parla di “immobilismo oblomoviano”, immobilismo che accompagnerà per tutta la sua esistenza il piccolo Iljusa. Ed infatti, divenuto ormai adulto Il’ja Il’ic non abbandona lo stile di vita della sua fanciullezza e trascorre la sua vita soggiogato da una quotidianità sempre uguale, da un disinteresse totale nei confronti della vita. Trascorre gran parte del suo tempo disteso sul letto o su un divano, rincorrendo pensieri astratti, rifuggendo dalla pur minima iniziativa e rimandando al’infinito ogni e qualsiasi decisione. Eppure, in questo quadro desolato di negazione della vita, anche ad Il’ja Il’ic si presenta l’opportunità di una svolta. L’incontro con la bella Ol’ga. Ma anche in questo caso, nonostante le sollecitazioni del suo vitalissimo amico Stol’c, rinuncia ben presto all’amore e con ciò stesso alla possibilità di un riscatto. Finisce così con il rinchiudersi in una pace desolata, in un posto desolato, dove alla fine dei suoi giorni, riposerà in eterno, secondo il suo stile di vita, in un angolo tranquillo, tra i cespugli di un cimitero. Nel delineare la figura di Oblomov, GONCAROV ci offre il quadro di una società russa in piena decadenza, desolatamente impregnata da un feudalesimo strisciante e “immobilizzante”, nel cui ambito tuttavia è possibile intravedere tracce pur minime di vitalità. In sintesi, un libro bellissimo, a volte irritante, come irritante e non condivisibile sul piano umano, è la rinuncia alla vita del suo protagonista.

Domenico Intini