Leila è una ragazza francese, ma di origini marocchine. Vorrebbe essere a tutti gli effetti libera, come lo è chiunque sia nato in uno Stato repubblicano, uno Stato che garantisce diritti e libertà ad ogni suo cittadino. In realtà Leila è prigioniera di una cultura che considera la donna una proprietà privata, una persona nata soltanto per essere obbediente e sottomessa, una buona figlia, una buona moglie ed una buona madre, un oggetto che è possibile trasferire dalla famiglia d’origine a quella del marito, dietro un cospicuo indennizzo in denaro e gioielli. Ma Leila non è sottomessa, si ribella, infrange le regole, o almeno tenta di farlo. Purtroppo combatte da sola contro un retaggio culturale infrangibile, sempre costretta a scontrarsi con un muro di indifferenza, con sentimenti che non possono essere scalfiti nonostante le grida di aiuto lanciate consapevolmente ed inconsapevolmente. Leila alterna momenti di passività e depressione a momenti di rabbia e razionalità, ma solo il suo bambino riuscirà a salvarla dall’autodistruzione. Un libro coinvolgente, una storia sconvolgente, pagine colme di rabbia, di eccessi, di sentimenti difficili da esprimere e di errori ancora più difficili da ammettere. Una lettura intensa, che consiglio vivamente.
Anto Spanò