“Mi piacerebbe essere un libraio per professione? Tutto sommato no… La vera ragione per cui non vorrei rimanere nel commercio dei libri, è perché, nel periodo durante il quale ci ho lavorato, ho perso l’amore per la lettura” Questo volumetto, è per intenditori ed amanti di libri. Con un’agile scrittura, George Orwell mette insieme una serie di memorie di quando ha lavorato in una libreria di libri usati. Con una punta di nostalgia, si può leggere di come tra gli anni trenta e quaranta ci fosse la figura del libraio a soddisfare le esigenze più strambe di lettori dalle richieste più originali. Dalla domanda di un buon romanzo da far leggere ad un disabile, alla richiesta dell’ultimo giallo, uscito da poco, ma del quale non si ricorda ne l’autore, e ne la casa editrice che lo ha pubblicato. Orwell spiega, con ragionamenti e con metodi d’inventario del tempo, quanto l’acquisto di un libro, ritenuto già in quel tempo costoso, fosse in realtà più conveniente di un pacco di sigarette, oppure di un biglietto del cinema. Sottolinea una percentuale di lettrici, maggiore dei lettori. Da ampio spazio alla libertà intellettuale in relazione all’epoca dei totalitarismi, fino ad arrivare a far comprendere al lettore, il suo movente per la scrittura in rapporto con il bisogno personale di parlare di politica. In sostanza ragioni che mescolano le due arti quella di scrivere e quella di fare politica. Sempre visionario. Non svelo però cosa pensa delle recensioni, leggetelo, è molto piacevole.
Giuseppe Romito