L’autore è un antropologo interessato a raccontare “il progetto Zen” con la voce degli altri. Lo Zen (acronimo di zona espansione nord) è un quartiere di Palermo, generalmente associato alla criminalità. Compito dell’ antropologo è quello di immergersi nella realtà oggetto di studio e raccontarne una versione non influenzata dal pregiudizio. Con questo spirito ho intrapreso la lettura di questo testo. La premessa e l’introduzione sono fondamentali per comprendere il tipo di studio e il modo in cui è stato affrontato. Il testo è diviso in 5 capitoli. Nel primo, Lo zen come viene presentato dai mass-media: stigmatizzato. Un quartiere confinato, in cui i residenti sono esclusi e separati dalla città da una sorta di frontiera simbolica. Nel secondo capitolo vengono presentati i tratti distintivi dell’approccio di inchiesta. Come Fava si approccia all’osservazione partecipante e si mescola con i residenti. Nel terzo capitolo viene presentato il progetto sociale. Qui sono presenti gli interventi degli assistenti sociali. Nel quarto capitolo avremo finalmente un riscontro da parte dei residenti. L’altro lato della medaglia, quello con cui – generalmente- non veniamo a contatto. Totò il parcheggiatore abusivo; Vita la casalinga, e tanti altri… che racconteranno la loro quotidianità. Nel quinto capitolo Fava cerca di diradare la nebbia dai luoghi comuni e prova a far riflettere il lettore. È interessante come l’ autore non cerca di imporre il proprio modo di pensare, ma spinge il lettore a farsi un’idea propria rispetto all’ analisi proposta. Chiaramente, essendo un saggio, aspettiamoci una lettura critica. Mi sono approcciata al testo con la curiosità di leggere qualcosa sulla mia Sicilia e sono rimasta soddisfatta dalla lettura 360 gradi che l’autore propone. Credo di leggere altri scritti in chiave antropologica, soprattutto perché la materia, per definizione, è immersa nel contesto e allo stesso tempo ne propone un’ immagine non prevenuta.
Federica Catania