L’incantesimo delle civette è un romanzo di formazione narrato in prima persona con uno stile leggero e ironico, infarcito di elementi dialettali e gergali, che, a differenza della prosa di Camilleri, sono fondamentalmente limitati ai dialoghi e soprattutto comprensibili anche ai polentoni. L’autore, del resto, riesce a rendere familiare il centro di Partinico, le sue strade e le case della borghesia locale, proprio come riesce a dare agli adolescenti che in questo ambiente si muovono, una buona caratterizzazione psicologica che, a tratti, mi ha fatto pensare agli innumerevoli adolescenti che popolano le narrazioni di Stephen King: in particolare il legame che unisce i guerrieri della rocca mi ha riportato alla mente il sodalizio del club dei perdenti di It, anche se la distanza tra la bravura di King nel dare vita all’universo adolescenziale e questi ragazzini non è facile da colmare. Insomma, una lettura piacevole e divertente, che affronta con leggerezza anche problemi seri, stemperando il crudele mondo della mafia in figure di picciotti e capifamiglia dai contorni macchiettistici e caricaturali.
recensione di Patty Barale