La parola “relazione” ha origine latina, come quasi tutte parole della lingua italiana. Deriva da referre, (relatus ne è il participio passato), un verbo complesso, che ha coniugazione anomala e significati molteplici, se non contraddittori, quali riportare, ottenere, restituire, pagare, ripetere, imitare.
Alludono tutti al senso che assumono le relazioni nella vita di ognuno noi.
Alcune ci riportano a casa, indietro nel tempo, alle origini; ci fanno ottenere qualcosa o servono a far ottenere ad altri; ci restituiscono ciò che abbiamo perduto e dimenticato; le paghiamo a caro prezzo o fanno pagare ad altri un prezzo; altre, infine, imitano precedenti relazioni, facendoci cadere nello stesso errore, per inerzia o nel vano tentativo di recuperare qualcosa che non si avrà più.
La relazione implica un contatto, che sia fisico o meno, non ha rilevanza, ciò che rileva è che provochi una reazione, abbia un effetto. Come elementi chimici, dobbiamo toccarci, sfiorarci il corpo o la mente, per determinare una trasformazione: non siamo più particelle singole, ma segmenti di un intero. Ad esempio un’amicizia, un amore, un sodalizio, una condivisione.
A loro volta i risultati di queste reazioni mutano: l’amore in amicizia o viceversa, un rapporto di lavoro in una battaglia, uno di stima nell’indifferenza.
Ogni trasformazione implica una rinuncia, diventiamo generosi senza saperlo, e ogni relazione è fatta di contese e tregue, di rivendicazioni e concessioni. Quanto più a lungo si mantiene questo “do ut des”, tanto più a lungo resiste nel tempo.
Quanto più convinti traduciamo il do ut des in “do per dare” e non “do se mi dai”, tanto più ci nobilitiamo, se entrambe le parti attribuiscono lo stesso senso. In caso contrario avviene il distacco e ciò che costituiva motivo dell’avvicinarsi, diviene ragione dell’allontanarsi.
Si torna nello stato di quiescenza originaria, sicuramente diversi, segnati in qualche modo dall’esperienza, fino al prossimo passo, al prossimo contatto. Da ogni relazione prendiamo qualcosa, che trasferiamo alle altre.
Siamo esseri dotati di (e condannati alla) metamorfosi sociale, volenti o nolenti, siamo elastici tesi, ci allontaniamo da noi stessi, per tornare al punto di partenza. Una, due, cento volte andiamo e fuggiamo dagli altri, ci usuriamo, consumiamo, ci spezziamo, ci ripariamo. Ricominciamo.
Le relazioni sono la tela e noi il ragno, alcune sono robuste, intricate, indissolubili, forti e ci fanno vivere, altre sono piccole, incomplete, imperfette e non ci nutrono, ci annullano lentamente. Sono i fili che ci uniscono ai nostri simili, impedendoci di restare soli e isolati, che compongono il disegno della vita.
Tutte possono riassumersi in due categorie: quelle che ci trasformano, nel bene o nel male, e quelle rare e speciali, che direttamente ci sublimano.
Mirela Stillitano
Ph. R. Doisneau