Michael K è un giovane sudafricano con il labbro leporino. Considerato fin da piccolo uno scherzo della natura con poco cervello, viene allevato in una sorta di istituto per bambini “anormali” in cui impara a fare il giardiniere. K accetta il proprio destino senza ribellioni e trascorrerà tutta la vita in campi di ogni genere, sempre recluso, sempre in gabbia. Sarà sempre un uomo messo da parte e, forse, in cerca di un proprio posto nel mondo. Il lettore segue K nel suo viaggio da Città del Capo fino alle campagne, tra campi di lavoro, campi di prigionia e campi di recupero, lo seguirà tra le montagne nelle notti di gelo e sulle spiagge assolate, assisterà alla strenua resistenza del corpo alla guerra, agli stenti e alla fame. E ritornerà con lui al punto da cui tutto ha avuto inizio. Non sono sicura di aver colto il messaggio di questo libro. Non so se voglia farci capire quanto il corpo possa resistere nonostante le apparenze e nonostante la volontà, o se voglia dimostrarci che ognuno ha un posto in questo mondo e che la sua ricerca può essere lunga e difficile, sta di fatto che è un libro che ti ipnotizza e ti induce ad andare avanti nella lettura sempre più velocemente per giungere il prima possibile all’ultima pagina, alla ricerca della giusta chiave di lettura. L’ho trovato superiore al più famoso “Vergogna”.
recensito da Anto Spanò