In questo libro l’autore ci narra le vicende dei Lester, famiglia poverissima della Georgia che vive lungo quella che anni prima era una fiorente via del tabacco. In origine la famiglia Lester era parecchio benestante, ma in due sole generazioni le ricchezze sono evaporate. Adesso Jeeter e la famiglia non hanno nemmeno i soldi per procurarsi il cibo. La terra in cui vivono è sabbiosa e non particolarmente adatta per piantare e far crescere il cotone, la casa è costituita da tavole di legno marce e dal tetto penetra acqua quando piove, la macchina è solo un ammasso di lamiera arrugginita e non è più utilizzabile per recarsi in città a vendere il legno della quercia di cui è ricco il boschetto circostante. In casa Lester, oltre al capofamiglia Jeeter, vivono la moglie malata, la madre di Jeeter e due dei 17 figli nati tra quelle mura: Ellie May, dal labbro leporino che fa orrore agli uomini, e il giovane Dude, appassionato di automobili. Tutti gli altri sono fuggiti facendo perdere le loro tracce; tutti presumibilmente lavorano nelle filande che abbondano nel territorio circostante. Jeeter non vuole assolutamente lasciare la sua terra perchè crede che Dio lo abbia sistemato in campagna e che quello sia il proprio posto, ma nello stesso tempo aspetta che sia proprio Dio a permettergli di coltivare il terreno e che gli procuri, chissà come, semi e concimi. Ma fondamentalmente Jeeter è un peccatore, indolente e anaffettivo. Ed è proprio questa mancanza di affetti e di legami e questo senso di declino inevitabile che pervade tutto il romanzo, fino al tragico epilogo. Devo ammettere che non conoscevo l’autore, ma che si è rivelato una bella scoperta, tanto da indurre ad approfondirne la conoscenza letteraria in futuro, senz’altro!
recensione di Anto Spanò