“La scomparsa di Stephanie Mailer” è un romanzo scritto da Joel Dicker, pubblicato nel 2018, edito da “La nave di Teseo” di 708 pagine. Jesse Rosenberg è un capitano della polizia di New York. Il giorno dei festeggiamenti della sua precoce pensione, si avvicina a lui una ragazza, la giornalista Stephanie Mailer, la quale inizia a fargli delle domande su un quadricio avvenuto vent’anni nella cittadina di Orphea, negli Hamptons la sera del 30 luglio 1994, giorno di inaugurazione della prima edizione del festival teatrale di Orphea, alle cui indagini aveva partecipato lo stesso Jesse. Le vittime furono la famiglia dell’allora sindaco, Joseph Gordon e una ragazza che stava facendo jogging davanti alla casa del sindaco, Meghan Paladin. Nelle domande che sono fatte a Jesse, alcune mettono in dubbio il risultato delle indagini. Jesse si insospettisce dalle “accuse” che gli vengono fatte e si reca nella cittadina, dove si sta preparando un’altra edizione del festival teatrale. Nel momento in cui arriva a Orphea, però Stephanie scompare. Conoscevo l’autore per “La verità sul caso Harry Quebert” e “Il libro dei Baltimore”, libri che avevo letto e adorato diversi anni fa. Anche questo non fa eccezione ai primi due; la storia scorre molto veloce e nonostante sia un libro abbastanza corposo, si legge molto velocemente. Si può definire un romanzo “corale” in quanto ci sono diversi personaggi con le relative storie che vengono affrontate nel corso della vicenda, trame che si intersecano per creare un intreccio da cui è difficile staccarsi; gli stessi personaggi vengono descritti nei minimi dettagli, con le loro storie personali che li portano poi a comportarsi in un certo modo. Anche i dialoghi vengono scritti magnificamente, risultando per niente banali e, come in ogni bel romanzo thriller/giallo, si deve prestare attenzione a ogni singola frase, dato che ognuna è importante per arrivare al finale che lascerà senza parole, uno di quelli non banali ma in cui vengono raccolte tutte le vicende di ogni personaggio. Consigliatissimo!
recensione di Lorenzo Peluffo