Ambientato a Darmstadt, cittadina dell’Assia regione germanica, durante il predominio nazista, due ragazze Noa di origini olandesi e Astrid circense ebrea, s’incontrano e per motivi differenti sono costrette a lavorare nel circo del signor Neuhoff. Astrid è nata e cresciuta in quei luoghi avrà l’arduo compito d’insegnare l’arte del trapezio alla giovane olandese. Fin dall’inizio il loro rapporto non è idilliaco, pregiudizi e antipatie caratterizzeranno il tutto in una relazione glaciale. Ma le difficoltà degli esercizi e degli allenamenti del trapezio, le loro esperienze differenti ma comunementi dolorose, farà crescere il legame fino a divenire indissolubile, saranno sorelle. L’autrice narra il magico mondo del circo, che anche in un periodo drammatico resta uno degli ultimi baluardi di gioia e speranza. Questo luogo felliniano ha la capacità naturale di portarci a ritrovare il bambino che è in noi, è il cuore pulsante dell’opera, le drammaticità delle vite le speranze e i sogni degli interpreti anche se emotivamente intense per una volta saranno secondari diventeranno la perfetta cornice dell’ambientazione. Nell’esercizio e nell’arte del trapezista, un secondo è di fondamentale importanza, in questo effimero lasso di tempo si concentra la gloria o la disfatta, l’applauso o il becero fischio, tutto simboleggia la felicità umana così flebile e repentina. La scrittrice non evidenzia il contesto storico, esalta la grande storia di amicizia tra Noa e Astrid che tocca nel profondo il lettore. Ognuno di noi all’inizio di una conoscenza proviamo sensazioni, nasce un’ alchimia nuova positiva o negativa. A volte però capita che i nostri sensori si sbagliano, non recepiscono appieno quello che una persona è veramente, chi è difronte magari non ci piace inizialmente ma con il tempo con dolce sorpresa scopriamo invece che è l’amico o l’amore che abbiamo sempre cercato e questo romanzo ce lo insegna.
Newton Compton Editori
recensione di Antonio Martino