Tre punti di vista, tre racconti che si alternano e si intrecciano capitolo dopo capitolo con uno stile ritmato, coinvolgente e scorrevole. “A Ravensbrueck la pazzia era in agguato, incombeva su noi stessi. La sopravvivenza dipendeva da una mente stabile, perciò dovevo restare forte.” Parla di guerre parallele con le stesse torture e gli stessi incomprensibili ragionamenti; un libro nel quale l’autrice ci ricorda cosa sia veramente la sofferenza, il dolore, la disperazione e la perdita dell’amor proprio, mentre tutti sembrano concentrati solo sul ripulire la razza umana senza aver ben chiaro da cosa esattamente. “La parte peggiore del nascondere le cose è che ci si sente così isolati, come se al mondo non ci fosse nessuno che ci conosce veramente.” E mentre le parole creano immagini vivide nella nostra mente, ci si domanda perché si dovesse far soffrire così tanto un uomo, se poi lo si sarebbe comunque ucciso, quale morboso godimento ci possa essere stato nel vederlo patire la fame, la sete, le sevizie. Buona lettura!

 

recensione di Maria Valentina Luccioli