La mantella del diavolo è un romanzo sui confini: i confini che separano l’Italia dalla ex Jugoslavia, con i sentieri, un tempo percorsi dai passeurs, ora nascosti dalla sterpaglia e dall’oblio, i confini tra realtà e leggenda, con disgrazie umane che trovano la loro giustificazione nell’esistenza di esseri fantastici spietati e crudeli, i confini tra un presente noto e un passato nebuloso, tutto da scoprire, i confini tra il fascismo e il comunismo, i confini tra l’azione e il rimpianto, i confini tra l’adolescenza incosciente e la responsabilità adulta, tutti confini che troppo spesso temiamo di valicare per timore del mondo che ci attende sull’altra sponda. Come evidente è il confine che separa la prima parte del romanzo da quella finale: la storia, che, nelle pagine iniziali, riesce a solleticare la curiosità del lettore, poco a poco perde mordente, l’interessante caratterizzazione dei personaggi si stempera progressivamente in macchiette prive di qualunque spessore e Cividale regredisce a cittadina medievale catapultata in una anacronistica caccia alle streghe. Un romanzo sulla Heimat, che, però, non riesce a raggiungere il cuore di chi questi luoghi non li porta impressi nel proprio patrimonio genetico.
recensione di Patty Barale