Dita Kraus è una bambina di 13 anni che viene deportata insieme alla mamma ad Auschwitz, in un settore denominato Campo per le famiglie, ideato dai nazisti per dimostrare al mondo intero che Auschwitz è solamente un campo di lavoro. Il romanzo è suddiviso in tre parti: nella prima parte viene raccontata l’infanzia spensierata a Praga, nella seconda parte la creazione e la vita nel ghetto, la deportazione ad Auschwitz, la vita nel campo e l’ occupazione come bibliotecaria dei libri rinvenuti e “salvati”nelle valigie dei deportati; l’ultima parte la liberazione e il momento non meno tortuoso e faticoso: quello dell’appropriazione della propria vita e della rinascita. Il romanzo è un’ autobiografia, ha una scrittura fluida, semplice non incisiva nei momenti cruciali, nonostante il tema trattato. Ogni anno escono molteplici romanzi riguardanti il tema dell’olocausto, con molti di essi ho provato empatia e trasporto soprattutto per la tecnica e qualità di scrittura e per la modalità di narrare una storia ed una vicenda personale. Con La libraia di Auschwitz, purtroppo non ho provato le stesse sensazioni se non marginalmente, che ho avuto con letture simili. Ho trovato fuorviante la scelta del titolo, immaginavo la presenza dei libri più persistente e predominante, sicuramente è stata una scelta prettamente editoriale. Ogni anno durante il periodo della Giornata della memoria, dedico una lettura in onore di questo grande dramma dell’umanità. Anche se questa lettura mi ha deluso per personali aspettative, mi ha comunque permesso di soffermarmi e riflettere sulla grande tragedia dell’olocausto.
Antonio Martino