“Lo so che quello che dice viene dalla sua anima, che è buona, ma non è facile quando sei nata in una vita senza soldi e con tante sofferenze; una vita che non l’hai scelta. Certe volte desidero tanto che basta crederci, nella bella vita, per fare la magia che succede, così. Ma forse crederlo nella mia mente è già l’inizio, e per questo gli faccio di sì con la testa, la tiro su e giù piano-piano. «Domani sarà meglio di oggi. Sono una persona di valore».”

L’inizio di questa lettura non mi ha convinto per lo stile con cui è stato scritto il libro: il linguaggio era quello di una persona che non parla bene la lingua o quello di un bambino di cinque anni. Piano piano, abituandomi al tipo di scrittura e soprattutto affezionandomi alla protagonista, lo stile è andato in secondo piano e ho apprezzato pienamente questa storia. Adunni è una ragazza nigeriana che, poco più che una bambina, viene data in sposa a un uomo benestante perché la sua famiglia invece è molto povera. È costretta a sopportare un uomo più vecchio, già sposato con altre due donne (una la odia), che vuole un figlio maschio. Dopo qualche mese riesce a scappare dal marito e una serie di traversie le fanno trovare lavoro praticamente come schiava in una casa ricca di Lagos. Eppure Adunni non perde la voglia di far sentire la propria voce forte, proprio come voleva la sua mamma, e di studiare per diventare maestra. Le si vuole bene, dopo pochi capitoli, a questa donna, ragazza, bambina… e si impara da lei che ciò che noi e i nostri figli diamo per scontato, per qualcuno è un sogno inarrivabile: parlo del cibo, dell’istruzione, della sicurezza, della libertà. Sembra un concetto banale, eppure leggendo questa vicenda realmente accaduta ci rendiamo conto che lo dimentichiamo spesso, viziati dal nostro benessere. “La ladra di parole” è un libro dolce, una carezza, nonostante alcune scene siano molto forti e crude. Lo consiglio!

 

Alessandra Micelli