Questo il secondo capitolo del ciclo Malausséne. La storia è ambientata ancora una volta nel quartiere Belville in cui vive Benjamin Malausséne e tutta la sua tribù che, nel frattempo, è aumentata. Sì, perchè alla già stravagante famiglia si sono aggiunti un paio di vecchietti con qualche problema da risolvere. Ad arricchire la storia, un giallo (o forse due). Una giovane donna viene lanciata da un ponte ed è in fin di vita. Chi sarà la donna e cosa le è successo? Nel quartiere c’è un assassino che uccide le vecchiette sole con un rasoio. Chi sarà l’assassino delle povere donne? La polizia indaga su due fronti… Questo secondo libro per me è migliore del primo. Il giallo è abbastanza intricato e tiene desta l’attenzione del lettore. Anche in questo caso vengono trattati dall’autore temi importanti. Si passa dalla droga alla solitudine della vecchiaia, dalle truffe ai più deboli alla presenza di poliziotti corrotti al dipartimento di polizia. Il personaggio più riuscito è l’ispettore Van Thian in perenne conflitto con il suo alter ego (la vedova Ho). Diversamente da “Il paradiso degli orchi”, nel quale Malausséne si trovava ad essere protagonista degli eventi, qui egli ha un ruolo minore. Sono gli altri personaggi che cospirano, agiscono nell’ombra, ricostruiscono gli eventi e ovviamente lo attirano in una sorta di trappola rendendolo, suo malgrado, protagonista. C’è infine un’incongruenza. Nella prima storia il commissario Rabdomant era un sostenitore dell’innocenza di Malausséne. Qui sembra che non l’abbia mai conosciuto, nonostante il nostro Ben sia sempre al centro delle indagini.
Anto Spanò