“Io ci credo ancora. Credo ancora che un giorno questo Paese raggiungerà l’uguaglianza. Che un giorno arriveranno una nuova legge sui diritti civili, e un nuovo presidente e un Congresso che la approveranno. Che chiunque potrà seguire i propri sogni, a prescindere dal colore della pelle. Che le parole scritte nella Dichiarazione d’indipendenza sull’uguaglianza tra gli uomini saranno finalmente valide.” C’erano diverse premesse positive per questo libro. Innanzitutto il titolo, che rimanda a due luoghi per me assolutamente magnifici, la biblioteca e New York. Inoltre, leggendo la trama, sapevo che trattava il tema del razzismo a cui sono molto sensibile. La storia infatti racconta di una ragazza di colore (ma “fortunatamente” molto chiara) che deve nascondere le sue origini per far carriera. Siamo a New York nei primi decenni del ‘900 e il colore della pelle, oltre che il sesso, è ancora importante per determinare l’autorevolezza di una persona. Purtroppo le mie speranze sono state completamente disattese: il libro non mi è piaciuto, l’ho trovato scadente e poco interessante, sia nel contenuto che nello stile. È un romanzo che ho avuto in regalo e mi dispiace essere così drastica nel mio personale giudizio ma, a parte il ricordo di chi me lo ha regalato, purtroppo non avrò nessun altro pensiero positivo di questa lettura che ho fatto fatica a terminare.
Alessandra Micelli