“Vedevo delle persone che venivano uccise e, semplicemente, non potevo sopportarlo. Ho avuto la possibilità di fare, e ho fatto. Tutti, al mio posto, si sarebbero comportati come me.” Avrebbe forse aggiunto, con la sua lenta cadenza veneta: “Si dice in Italia: l’occasione fa l’uomo ladro, di me ha fatto un’altra cosa”. E avrebbe dato la prova che anche nella più impenetrabile nebbia, esiste – perché è propria dell’animo umano – una tentazione irriducibile, indicibile, fiabesca alla “banalità del bene” Ho letto “La banalità del bene” in occasione del gruppo di lettura di @Angelica Lagrotta . Il libro si concentra molto su una parte di storia dell’Ungheria che non conoscevo, soffermandosi sulle motivazioni dell’antisemitismo e sui fatti storici prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il libro racconta la storia vera di Perlasca, un commerciante italiano che per una serie di occasioni si ritrova a Budapest a fingere di essere un ambasciatore spagnolo per poter creare documenti falsi e dunque salvare migliaia di ebrei dalla deportazione. È un fatto eroico, pieno di risvolti, avventure e disavventure. Eppure questo libro e lo stesso Perlasca raccontano il tutto con assoluta normalità. Non ci sono episodi troppo crudi o troppo commuoventi, ma vi assicuro che la storia appassiona e colpisce! Perlasca non si dimentica proprio per il suo essere un eroe “normale”, un eroe che si è trovato a essere eroe perché le situazioni ce lo hanno portato e non ha potuto farne a meno. Lui dice: “chiunque lo avrebbe fatto al posto mio”. Io non ne sono così sicura, ma del resto le sue parole e la sua storia regalano uno sguardo ottimista sull’umanità e sul mondo, per cui almeno voglio credere che molti di noi, al posto suo, avremmo fatto lo stesso!
Alessandra Micelli