A mia Madre
Non sempre il tempo la beltà cancella,
o la sfioran le lacrime e gli affanni;
mia madre ha sessant’anni
e più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un detto, un sorriso, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il cuore!
Ah! se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!
Vorrei ritrarla quando inchina il viso
perch’io le baci la sua treccia bianca,
o quando, inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso…
Pur, se fosse un mio prego in cielo accolto,
non chiederei del gran pittore d’ Urbino
il pennello divino,
per coronar di luce il suo bel volto:
vorrei poter cambiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio, e lei,
dal sacrificio mio, ringiovanita.
OTTOBRE
Il primo giorno di scuola (17, lunedì)
Oggi primo giorno di scuola. Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza in campagna! Mia madre mi condusse questa mattina alla Sezione Baretti a farmi inscrivere per la terza elementare: io pensavo alla campagna e andavo di mala voglia. Tutte le strade brulicavano di ragazzi; le due botteghe di libraio erano affollate di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni, e davanti alla scuola s’accalcava tanta gente che il bidello e la guardia civica duravan fatica a tenere sgombra la porta. Vicino alla porta, mi sentii toccare una spalla: era il mio maestro della seconda, sempre allegro, coi suoi capelli rossi arruffati, che mi disse: – Dunque, Enrico, siamo separati per sempre? –.
“Da Cuore”