La storia di Giovanna, giovane sensibile e molto intelligente, schiacciata dalle regole della politica, è raccontata attraverso gli occhi della protagonista, una donna innamorata del proprio marito e disposta a tutto pur di sottrarsi all’influenza di sua madre, Isabella la Cattolica, che, agli occhi di Giovanna, assume i tratti di un tiranno crudele. Utilizzando il flashback narrativo, l’autrice inizia il suo racconto nel 1525, quando oramai la regina, prigioniera del figlio, andando indietro con la memoria, ricorda la sua fuga a Medina del Campo e il viaggio rocambolesco verso le Fiandre per ricongiungersi al marito, Filippo il Bello, sposato per obbedire alla ragion di Stato, ma al quale è unita da una tormentata passione, alla quale non riesce a sottrarsi. A fronte del suo amore devoto e tenace, ha ricevuto sino ad allora da lui solo tradimenti, eppure Giovanna si ostina a credere che una parte di lui sia sincera e onesta. L’arrivo alla corte del marito, da cui aveva dovuto allontanarsi per raggiungere i genitori in Spagna, costituirà per lei un’ennesima delusione, culminata nella prigionia che Filippo le infligge spaventato all’idea che Giovanna, erede del trono materno, possa allearsi con suo padre, Ferdinando. Pedina di un gioco manovrato da altri, Giovanna finisce per essere contesa tra il padre e il marito, che rinfocolano le voci circolanti sul suo squilibrio mentale per i propri giochi di potere, sino a dover comprendere troppo tardi che l’unica sua alleata era stata Isabella. Onesta intellettualmente e sincera sino in fondo in un mondo che non può permettersi, invece, di esserlo, Giovanna finirà i suoi giorni prigioniera, sottoposta a torture, guardata con sospetto e incompresa anche nelle sue manifestazioni di dolore. Il suo rifiuto dell’etichetta, la sua fiducia in un mondo più giusto, la sua fede incrollabile e l’ansiosa ricerca della verità ne fanno un personaggio indimenticabile, un prototipo femminile in netto anticipo sui tempi e perciò destinato a restare troppo a lungo incompreso.
Editrice Nord
recensione di Maria Carolina Campone