Questo romanzo seppur breve è diventato nel tempo l’opera più iconica di Hemingway. Santiago è un anziano pescatore che non riesce a pescare nemmeno un pesce da 84 giorni. Al suo fianco c’è Manolin, giovane apprendista che lo segue nelle sue traversate, ma alla lunga viene consigliato e spinto dai propri genitori a lasciare Santiago per andare con pescatori più fortunati. Il “vecchio” non si abbatte e si avventura da solo in alto mare, all’amo abboccherà un grosso pescecane. Sarà una lotta ardua e dura, il romanzo è centrato tutto su questo scontro titanico. Ho deciso di rileggere questo classico dopo più di trent’anni, lo lessi in età scolastica e sicuramente ora ne ho potuto apprendere in pieno la sua grandezza. Non è solo un semplice racconto di una giornata di pesca, l’opera sottolinea il rapporto di forza tra l’uomo e la natura. La lotta con il pescecane rievoca Melville, il dualismo tra Acab e Moby Dick. Ma psicologicamente Il vecchio e il mare rappresenta l’ultimo percorso della vita dell’uomo: la vecchiaia. Solitudine mancanza delle forze, senso di inadeguatezza, inutilità e inefficienza vengono contrastati dalla caparbietà, orgoglio e voglia di vivere, che sono nell’indole umano. Questo è infatti l’ultimo romanzo di “Papa”, soprannome dato proprio da pescatori cubani, come se Il vecchio e il mare fosse il suo testamento letterario.
Antonio Martino