Della protagonista della vicenda, una sartina nata alla fine dell’Ottocento, Bianca Pitzorno non svelerà mai il nome. Di lei sappiamo solo che si occupa la nonna, unica sopravvissuta all’epidemia di colera che ha sterminato la sua famiglia, e che la nostra sartina ama follemente. È dalla nonna, infatti, che impara l’arte del cucito, mestiere fine e prezioso all’inizio del secolo scorso, quando una semplice macchina da cucire poteva offrire a una donna la piena indipendenza economica. E quando la nonna muore, lasciandola sola e senza un soldo, la nostra sartina, ancora ragazzina, dovrà rimboccarsi le maniche e farcela solo con le sue forze. Sarà nei salotti delle signore per le quali lavora che la sartina conoscerà il mondo: attraverso i loro segreti, le loro stravaganze, le bizze capricciose e anche, qualche volta, le crudeltà. E conoscerà anche l’amore, quello sentimentale e quello materno, così lenti e diversi nell’Italia di cent’anni fa. Con una voce sottile e delicata, la Pitzorno ci propone un flashback preciso e nostalgico di un Paese che avevamo dimenticato, o di cui forse abbiamo solo mischiato le carte. Il racconto amorevole di quando l’assistenzialismo sanitario era poco più di un miraggio, di quando l’Occidente era attraversato da guerre e epidemie e di quando una donna, senza un uomo, era spesso destinata a fallire. Un testo perfetto per i nostalgici e per chiunque voglia fare un salto nel passato, cullato dalla narrazione sapiente di una scrittrice che con le parole ha incantato generazioni di adolescenti (e non solo).
Stefania Russo