Beatrice e Alfredo non sono due bambini come gli altri. Vivono nella Fortezza, un quartiere popolare ai margini della città, dove ogni cosa ha un odore, per lo più stantio, e niente ha conservato il colore originale. Alfredo non sa cosa sia la felicità. Vive con suo padre, un violento alcolizzato perdigiorno, e i suoi due fratelli, coi quali fa a turno per dividersi le percosse paterne. Al piano di sotto vive Beatrice con la sua famiglia. In quel trilocale asfissiante si sono creati il loro surrogato di vita, un palliativo per l’oblio, una sorta di equilibrio rassegnato. Un giorno, sul pianerottolo, al termine dell’ennesimo maltrattamento, Beatrice conosce Alfredo, e da allora la sua vita non sarà più la stessa. La sua conoscenza con Alfredo diventerà amicizia, ossessione, morbosità, possesso. Con l’andare degli anni, si innamorerà di lui in una maniera profonda e malata, e lo guarirà dai suoi demoni, lo occudirà nelle peggiori brutture, e non si arrenderà nemmeno di fronte all’inevitabile, sfoderando una perseveranza precoce e tenacissima. Un testo potente, straziato, urlante. Una narratrice matura e mirabile, in un romanzo d’esordio che rimane nella testa e nel cuore. Una delle più belle scoperte di quest’anno. Da leggere (e da piangere).
Stefania Russo