E’ davvero il paesaggio, che fa da sfondo alla breve storia, il protagonista del racconto, né Shimamura né Komako. La penna dell’autore si sofferma tantissime volte a descrivere il contesto innevato e quasi fiabesco del paese della stazione termale dove Shimamura, un uomo di cui non sappiamo nulla eccetto che lavora e vive a Tokyo con moglie e figli, si ferma nel periodo più freddo dell’anno dove le neve può raggiungere metri e metri di altezze. La “relazione” che Shimamura instaura con Komako, geisha del luogo, è sfuggente, trattenuta, a volte fraintesa. Komako, a differenza delle geishe di città, è destinata a essere relegata nel paese montano, a soccombere tra le mura delle stazioni termali dove i viaggiatori sostano per brevi periodi di riposo. Un incontro e una storia anch’essi pertanto destinati a durare poco. Definito un classico della letteratura giapponese, nonostante sia un racconto breve non è molto agevole nella lettura, a tratti complesso. Lo stile giapponese, denso e pieno di richiami, lo rende difficile da seguire e capire, compresa la fine del romanzo. Nel complesso non mi è dispiaciuto, ma che non rileggerei.
Luana Indelicato