Si tratta di una serie di racconti, due di invenzione , due di cronaca ed infine un racconto in cui la Ortese descrive gli intellettuali con i quali lei stessa aveva collaborato, denunciandone la resa, una sorta di letargo delle coscienze che li porta a lasciare le cose così come sono. Tutti i personaggi raccontati dalla Ortese, sia quelli nati dalla fantasia della scrittrice sia quelli reali, siano essi gli abitanti di Forcella o dei Granili oppure i colleghi della rivista “Sud”, hanno in comune la rassegnazione, una visione amara e desolata della realtà. Quella della Ortese è una condanna a delle condizioni di vita che non dovrebbero essere accettate in nessun angolo di mondo. I racconti sono duri, pessimisti, dolorosi, malinconici. Il mare c’è ma solo i privilegiati hanno l’onore di poterlo vedere; per tutti gli altri il mare non esiste e se vi sono momenti di speranza, vengono subito spazzati via dalla realtà. La rivista Sud era sembrata un trampolino verso il cambiamento, vi si trovava un vivo entusiasmo che avrebbe potuto e dovuto cambiare le cose.Gli intellettuali vedevano in quella rivista una speranza, la stessa che aveva creduto di vedere Eugenia con i suoi nuovi occhiali o che aveva sognato Anastasia , per un attimo, durante le feste natalizie. Una fiamma destinata a spegnersi, soffocata dall’inerzia, dal buio, lo stesso buio che regna nei bassi e che accompagna gli abitanti di Forcella e dei Granili, un buio dell’anima, che è triste dover riscontrare in una città così bella e solare. Ho amato molto questi racconti, dolorosi ma veri, emozionanti, vivi.
Paola Caponigro