Ci sono romanzi che sono difficili da raccontare, non tanto per la storia in sé, quanto per la sua complessità… perché il racconto è un pretesto per dar voce a opinioni e prese di posizione che l’autore lascia volutamente tra le righe… questo è uno di quei romanzi. È un romanzo intriso di magia, di allusioni e allegorie, è surreale e a tratti misterioso. È un romanzo impegnativo, richiede attenzione e concentrazione. Tutto inizia in un tardo pomeriggio di maggio, all’ombra dei tigli in un parco nel cuore di Mosca. La scena che si presenta non fa intendere niente di particolare se non che il parco è completamente vuoto all’infuori di due uomini che conversano su un argomento singolare… la reale esistenza di Gesù! Un personaggio chiave del romanzo compare, e da lì in poi sconvolge la quotidianità dei moscoviti. Da quel momento assistiamo a una miriade di rocambolesche vicissitudini che trovano comunque un filo conduttore, lo scompiglio, l’agitazione in una Mosca dove tutto è, e deve essere controllato dal regime sovietico. La narrazione ci porta anche indietro nel tempo e i capitoli dedicati al procuratore della Giudea Ponzio Pilato sembrano non avere a che fare con il racconto ma il libro non lascia niente al caso. La storia d’amore tra il Maestro e Margherita fa da cornice e si intreccia alle azioni di tutti gli altri personaggi. C’è un punto in cui la parte autobiografica è tangibile; un manoscritto viene dato in pasto al fuoco ed è ciò che realmente accade alla prima stesura di questo libro… ma come dice il libro stesso, “i manoscritti non bruciano” e grazie a questo abbiamo il privilegio di trovare nella letteratura un’opera di questa entità. Gli ultimi capitoli sono, a mio avviso, il culmine della narrazione e della grandiosità dell’opera. È un viaggio tra la suggestione e la realtà, qualcosa che non si può spiegare con facilità, bisogna leggere per provare.
recensione di Anastasia Pisani