Aleksej Ivanovic è il precettore della famiglia del generale Sagorjanski. L’intero nucleo familiare con la servitù e inservienti, trascorrono una vacanza di svago e soprattutto di “gioco” a Rulettenburg, fittizia cittadina tedesca famosa per i suoi casinò. Aleksej, il “giocatore, protagonista principale del romanzo, per fare colpo all’affascinante Polina, inizia ad avvicinarsi al tavolo verde e ad appassionarsi fino a diventare dipendente. È un romanzo breve scritto da uno dei più illustri scrittori della storia. Dostoevskij è stato spinto a scrivere questo libro per ripianare gli ingenti debiti di gioco perpetrati nel tempo. Chi quindi meglio di lui è stato capace di delineare, di comprendere la psicologia e la moralità del giocatore, di descrivere il sentimento di umiliazione per la sconfitta e l’effimera esaltazione e felicità per una vittoria. È luogo comune pensare che la ludopatia sia una malattia del nostro secolo influenzato dal consumismo e dall’aridità dei valori, invece quest’opera è testimonianza vivente che il problema del vizio del gioco è sempre esistito. Il giocatore assiduo è privo di moralità capace di barattare una fiche per un atto d’amore. L’autore russo descrive magistralmente il profilo differente per ogni giocatore rappresentato dai diversi interpreti letterari. Mostra così anche soprattutto il proprio dramma e disagio di giocatore incallito. Come i più grandi “artisti” dell’anima umana, Dostoevskij ha avuto una vita tormentata, caratterizzata dalla depressione, da vicende sentimentali travagliate, da un percorso esistenziale a volte dissoluto. Se si vuole incominciare a leggere qualcosa di questo grande romanziere, Il giocatore può rappresentare la giusta occasione per la sua brevità e per una complessità quasi inesistente.
Ed. Feltrinelli
Antonio Martino