“Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una vita spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.” La letteratura russa è grande e con grande intendo potente, forte, corposa. A volte la trovo difficile pur riuscendo a comprenderne il valore e a capirla. “Il dottor Zivago” non fa eccezione: lo ho trovato difficoltoso da leggere pur avendolo apprezzato. È un romanzo importante e racconta un pezzo di storia russa che fa parte della storia mondiale. Il libro ha infatti come protagonista la rivoluzione russa, le sue conseguenze (soprattutto negative) e la guerra civile che ne è venuta dopo dilaniando la Russia. Zivago è medico e poeta, diviso eternamente tra queste due vocazioni, rappresentate del resto da due donne: la moglie Tonja, che incarna la serenità della vita famigliare, il suo posto in società, e l’amante Lara, che invece è la sua ispirazione poetica, la spinta artistica, l’istinto. Il dottore vive le sue vicende personali in un contesto di guerra continua che spesso si sovrappone e sovrasta la trama. La storia del resto inizia proprio nel 1917. È stato Feltrinelli a pubblicare “Il dottor Zivago” per primo in Italia nel 1957 e il romanzo ha vinto il premio Nobel nel 1958. Ha subìto ovviamente la censura del regime sovietico. Sono contenta di averlo letto, anche per conoscere maggiormente un pezzo di storia che con questo romanzo ho approfondito: non conoscevo il dissenso e le divisioni interne ai regimi che si sono susseguiti dopo la rivoluzione.

Alessandra Micelli