La vita a prima vista serena dell’oftalmologo Marco Carrera, nelle prime pagine del romanzo, vincitore del Premio Strega 2020, è sconvolta da questa rivelazione fatta dal dottor Carradori, lo psicoterapeuta della moglie Marina. E a questo punto mi aspetto una storia del tutto diversa da quella che, invece, Sandro Veronesi ci racconta ne “Il Colibrì”. La struttura del romanzo è insolita e originale, con continui salti temporali ed una narrazione varia, costituita anche da lettere, liste di oggetti, interventi a convegni, e-mail e messaggi, ma alla fine riusciamo a ricostruire la vita di un uomo apparentemente comune, ma che comune non è. Pagina dopo pagina la trama si dipana e il lettore conosce pian piano i dettagli della vita del protagonista; inizialmente alcuni capitoli narrano vicende che sembrano slegate dal resto della storia, ma ad un certo punto i vari tasselli del puzzle combaceranno e si riuscirà ad avere una perfetta visione d’insieme. Soprannominato da sua madre “colibrì” perché più basso e minuto rispetto ai suoi coetanei, grazie ad una sperimentale cura ormonale riesce a recuperare quei centimetri che gli mancavano e diventa un ragazzo come tutti gli altri. La sua vita però è segnata da grandi dolori che lasciano il segno. Il dolore è una costante della vita di Marco Carrera e quindi del romanzo, ma la sua reazione alle avversità è un inno alla forza che è insita nell’essere umano, quella forza che non sai di possedere e che vien fuori nei momenti in cui hai subito un forte trauma. C’è una parola che esprime benissimo questo concetto “resilienza”, purtroppo oggi fin troppo usata, talvolta anche a sproposito. Perciò preferisco parlare di “forza”. Marco Carrera non è un eroe, è solo un uomo che cerca di non annaspare nel dolore e trovare la forza di superare le avversità e vivere la sua vita. Luisa, la donna che lui ama da sempre, in una lettera gli rivela la sua vera natura, il suo essere colibrì, l’uccello più piccolo , ma più tenace: “È stata un’illuminazione: tu sei davvero un colibrì. Ma non per le ragioni per cui ti è stato dato questo soprannome: tu sei un colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo. Settanta battiti d’ali al secondo per rimanere dove già sei. Sei formidabile, in questo. Riesci a fermarti nel mondo e nel tempo, ” Con una scrittura veloce e risoluta, con una narrazione incalzante, alterando momenti d’ironia a temi di profonda serietà, Sandro Veronesi ha scritto un romanzo completo, pieno di spunti di riflessione e ricco di autorevoli citazioni. Ho apprezzato molto la dicotomia del finale (che non vi svelerò!) quando, un momento di forte impatto emotivo è anticipato da una serena descrizione della natura. Sebbene, però, sia un bel romanzo, pieno di colpi di scena, talvolta melodrammatici, non sono riuscita ad empatizzare con il protagonista, a farmi coinvolgere dalla storia, dalla scrittura, tanto che in alcuni momenti, nella seconda parte del libro, ho avuto difficoltà nel procedere con la lettura. Pur riconoscendo, quindi, il valore dell’opera e del suo autore non ne sono rimasta soddisfatta.
La bibliatra