Marco Carrera ha quarant’anni, è un oculista e vive a Roma. E’ soprannominato “il colibrì”, per la dinamicità scattante del suo corpo minuto, nel quale racchiude una forza fuori dal comune. Sono le sue vicende, familiari e sentimentali, quelle sulle quali si costruisce l’intera narrazione, che segue il protagonista a partire dalla sua infanzia nella Firenze degli anni ’60, per arrivare ad un 2020 attuale e avveniristico. Insieme al colibrì il lettore conoscerà il significato dell’amore e il suo contrario, scoprirà l’importanza di un sentimento ardente e mai consumato (quello per Luisa, amante solo nei pensieri) e la potenza delle relazioni paterne e filiali. In un crescendo narrativo che mette il protagonista costantemente alla prova, Marco Carrara resiste, immune, a qualsiasi scossone, esprimendo una forza d’animo al limite del verosimile. ⠀ Per quanto io ammiri profondamente Veronesi (potrei dire, senza esagerare, che è uno degli scrittori viventi che stimo maggiormente), credo che, in questo caso, sia mancato qualcosa alla narrazione. Non certamente la prosa, una prova di squisita perfezione, quanto forse uno slancio di naturalezza appassionata (forse una sbavatura?) che hanno reso “Caos calmo” e “Terre rare” due capolavori immuni al passare del tempo. ⠀ Troppo tecnicismo accademico, troppi virtuosismi narrativi e qualche inverosimiglianza che non è riuscita a sospendere del tutto la mia incredulità, fanno, de “Il colibrì”, una lettura meravigliosa ma distante, un panorama bellissimo che, tuttavia, allungando la mano si fatica ad afferrare. ⠀ Forse l’unica verità è che da Veronesi ci si aspetta sempre che si superi, ma superare “Caos calmo”, resta, per me, qualcosa di irrealizzabile. ⠀
Stefania Russo