“Poichè nessuno pensa che le sue sventure possano essere attribuite a una sua pochezza, ecco che dovrà individuare un colpevole.” Qualche anno fa ho letto “Il nome della rosa” di Umberto Eco e mi è piaciuto moltissimo. Avevo dunque grandi aspettative per “Il cimitero di Praga”, dello stesso autore. Purtroppo ne sono rimasta un po’ delusa. Ho trovato la lettura pesante, ostica e soprattutto il protagonista poco umano. È sicuramente evidente anche in questo libro la conoscenza infinita di Eco della Storia: qui siamo nell’Europa dell’Ottocento e l’autore dimostra di avere una perfetta famigliarità con fatti, cause, personaggi dell’epoca. Tutto ciò che viene raccontato e i nomi citati sono reali, tranne Simonini, il protagonista, che è inventato. Si tratta di una spia, un falsario, pagato da istituzioni politiche per trovare o inventare prove che infamino i nemici. Il racconto che lui stesso fa della propria storia è intervallato da buchi di memoria colmati dalla narrazione dell’Abate Dalla Piccola, di cui fino alla fine non viene svelata la vera identità. Chi ama la Storia troverà sicuramente interessanti diversi passaggi che approfondiscono molto la tematica. Tuttavia questo a me non ha impedito di sentire il romanzo molto lontano dalla mia sensibilità.

Alessandra Micelli