È un romanzo che lascia sbigottiti e smarriti, che alla sua conclusione divide gli animi dei lettori. A caldo, è un libro che mi ha lasciato poco, a freddo posso dire che ha i suoi punti di forza: è un romanzo forte, coraggioso e graffiante. Francis Tarwater è un bambino orfano che vive con lo zio Rayber, maestro elementare, quando a quattro anni viene rapito dal prozio Mason e costretto a crescere insieme a lui da eremita in una casa con una stalla immersa nella radura. A questo quadro difficile, si aggiunge il fattore di squilibrio e inquietante: il vecchio si considera un profeta, che ha sottratto Francis dalle grinfie del maestro perché questi si è allontanato dalla fede e dalla salvezza, abbracciando invece la via della ragione. Alla morte del prozio, Tarwater dà fuoco alla casa e si presenta alla porta del maestro che adesso vive con un figlio nato “deficiente” per grazia divina, come lo definisce il vecchio. Ma Mason gli ha lasciato un’eredità greve: deve battezzare il bambino a tutti i costi. È un romanzo per certi versi alienante, esasperante, corredato dalle varie riflessioni religiose e dal fanatismo. Anche lo stile non è del tutto semplice, pieno di descrizioni della natura e forse di una ridondanza retorica riguardo il compito che Francis deve portare a termine.
Luana Indelicato