“Chiudendo la porta della stanza di Sohrab, mi chiesi se quello fosse il modo in cui sboccia il perdono, non con le fanfare di una epifania, ma con il dolore che, nel cuore della notte, fa i bagagli e si allontana senza neppure avvisare.”
Ho letto questo romanzo perché super caldeggiato da un amico; ovviamente lo conoscevo perché molto consigliato da tanti e proprio per questo lo avevo sempre evitato: non mi piace leggere i libri che vanno per la maggiore. Ovviamente, è piaciuto anche a me; è un romanzo che non si dimentica, perché i protagonisti e la loro storia lasciano il segno. La trama comincia in un Afghanistan ancora in pace, sotto la monarchia. Due bambini, Amir e il suo servo Hassan, crescono insieme finchè un fatto terribile segna la fine della loro infanzia e l’inizio di un tremendo senso di colpa che uno dei due si porterà tutta la vita. Poco dopo, inizia anche l’invasione dello stato da parte dei russi e poi ancora la “liberazione” da parte dei talebani. L’Afghanistan non sarà più un paese libero e le vite dei de bambini verranno separate completamente. Ma il passato ritorna sempre se per certi fatti non ci sarà modo di recuperare, per altri ci sarà occasione di riscatto e quindi di pace. Ci sono parti in questo libro che ho trovato difficili da leggere, passi in cui ho dovuto chiudere gli occhi e respirare prima di andare avanti per la crudeltà e la violenza che persone e bambini hanno dovuto subire. Nonostante ciò, consiglio questo libro che, vi assicuro, vi rimarrà nel cuore.
Alessandra Micelli