L’infinito

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

“Giacomo Leopardi” Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837) è stato un poeta, filosofo, scrittore e filologo italiano. Viene riconosciuto come uno dei poeti italiani più importanti e grandi di sempre, apprezzato in tutto il mondo, grande studioso e appassionato della letteratura generale prese spunto da i poeti e scrittori dell’antichità, come Lucrezio, Epitteto e molti altri. I poeti futuri come Byron e Shelley presero spunto proprio dal grande poeta. Fu anche un grande pensatore vicino all’esistenzialismo, e a i pensieri come Pascal, Schopenhauer, Nietzsche. Il poeta fu colpito intorno al quindicesimo anno di età dalla malattia di Pott, (Una specie di tubercolosi che colpisce le ossa) che lo portrà alla morte prematura il 14 giugno del 1837 a Napoli. Il 29 giugno del 1798 nasceva a Recanati, Giacomo Leopardi da il filosofo e letterato Il conte Monaldo Leopardi e la Marchesa Adelaide Antici. Tra le sue opere maggiori ricordiamo: Lo Zilbaldone, Pensieri, I Canti, Storia dell’astronomia, Operette morali, Espistolario, e moltissime altre opere.

 

La casa di Leopardi e il suo studio:

All’Ab. Francesco Cancellieri, a Roma.
Recanati, 6 aprile 1816.
Pregiatissimo signore, Il mio signor zio mi ha comunicata la di lei lettera che in parte riguarda me. Da essa ho appreso ch’ella soffre ancora molti incommodi di salute. L’accerto che io sento di ciò un vivissimo dispiacere, e con ribrezzo m’induco a molestarla, sperando però ch’ella non vorrà prendersi per l’incommodo che le do maggior briga di quella che richiede l’affare per se stesso molto poco interessante.
“DA Epistolario”