“«E cosa farà?» «Non lo so.» La psicologa ha finalmente qualcosa di pregnante da dire. Una cosa che non ha imparato negli studi, ma che comunque sa che tutti hanno bisogno di sentire, ogni tanto. «Non sapere è un buon punto da cui cominciare.»”
Ho letto questo libro per il titolo ovviamente, che già da sé dice tutto. Mi è piaciuto moltissimo, fin dalle prime pagine. L’autore si presenta subito con una penna ironica e divertente, eppure profonda. I temi che affronta in questo libro sono il rapporto genitori-figli, il divorzio, il suicidio, la salute mentale, la solitudine, la violenza e tanto altro. Eppure lo fa con leggerezza, che non significa superficialità ma vuol dire voglia di superare, di vincere. È un libro inverosimile, che può lasciare perplessi per la trama, eppure a me ha suscitato risate e buoni sentimenti in ogni parte e per questo non posso che considerarlo un buon libro. Mi sono ritrovata troppo spesso a voler abbracciare i personaggi protagonisti… Un rapinatore entra in una banca cashless per rubare 6.500€; quando si accorge dell’errore scappa e tenta di nascondersi nel condominio di fronte, in un appartamento in cui sta avvenendo una visita per una vendita immobiliare. Passamontagna e pistola fanno credere ai potenziali acquirenti (e presunti tali) e all’agente immobiliare di essere degli ostaggi. Da qui iniziamo a conoscere ognuno dei visitatori dell’appartamento, l’agente stesso, il rapinatore, i due poliziotti appostati fuori e scopriamo che molti di loro sono legati al suicidio di un uomo che dieci anni prima si è tolto la vita buttandosi da un ponte che si vede dalla finestra dell’appartamento in vendita. È la storia di un amore? È la storia di un suicidio? È la storia di un ponte? Non lo so, per me è una storia di luce. Voglio leggere assolutamente altro di Backman dopo aver scoperto questo romanzo: voi avete qualcosa di suo da consigliarmi?
Alessandra Micelli