“Li ho guardati, mia madre con una mano sulla sua spalla, mio padre seduto che le cercava gli occhi. Anche loro sapevano creare quella cosa calda, spessa come il sangue, fragile come un mistero. Li ho amati con rabbia e il sentimento che ho provato è stato così puro da farmi male.” Non ho letto “E poi saremo salvi” perché era nella settina dei candidati al Premio Strega, ma perché era nella mia wishlist da mesi, ovvero da quando avevo ascoltato un’intervista dell’autrice che ne parlava. La trama mi aveva incuriosito: Aida vive in Italia con la sua famiglia, dopo essere scappata dalla guerra in Bosnia. Vengono raccontati i giorni atroci della fuga e gli anni difficili della ricostruzione di una vita (sempre provvisoria) in Italia. I genitori di Aida non si ambienteranno mai nel nuovo paese, ossessionati dall’dea di tornare nella propria terra. La patria li ha delusi ma il loro cuore non ha mai abbandonato il posto in cui sono nati. Tutto ciò rende ancora più atroce il dolore per la guerra, per la scomparsa dei cari e per la terra perduta. E questo dolore non sarà solo degli adulti, ma anche dei bambini (Aida e il fratellino) che indirettamente lo hanno provato e vissuto. Da grandi cercheranno la propria pace, il proprio posto nel mondo, ma tutto ciò è impossibile per degli esuli di guerra. La ferita è insanabile. È un romanzo che consiglio, una storia toccante che si divora in pochi giorni, un racconto che insegna e emoziona.
Alessandra Micelli