“Dracul è una parola polisemica, significa drago, ma anche diavolo. Così il piccolo Vlad è detto Draculea, col patronimico: figlio del diavolo.” L’autore in poco meno di cento pagine traccia un breve ritratto sulla figura, ormai diventata mitologica, di Dracula, principe di Valacchia. Conosciuto anche come Tepes, Impalatore, Dracula è associato alla figura del vampiro, sebbene il popolo rumeno rifiuti totalmente questo collegamento; infatti, come riporta l’autore, solo una volta il nostro Voivoda ha ingerito sangue umano intinto nel pane. Attraverso un viaggio nei luoghi del mistero, lo scrittore ci racconta qualche aneddoto sanguinario e sadico sulla vita di Vlad, e qualche spunto su cui soffermarci; ad esempio, il culto dei morti, che presenta alcune analogie tra i popoli dell’Est, è sfociato poi nell’identikit del vampiro e nella loro natura di non-morti, condannati a una sete di sangue ed energia vitale che prosciugherebbero dai vivi. Dopo il romanzo di Stoker, il personaggio del vampiro è tornato alla ribalta, analizzato in chiave psicoanalitica come lotta del bene contro il male; così come anche la figura dell’Impalatore è stata trasformata, deviata e fraintesa dalle molteplici leggende che sono sfociate dal romanzo di Stoker e dalla reticenza del popolo rumeno a parlarne. Piccolo saggio senza infamia né lode ma molto piacevole da leggere per chi ne sa poco o nulla sull’argomento.