Un grande classico, in rispolvero viste le similitudini con il periodo attuale. Siamo nella Firenze della prima metà del 1300, e una pandemia colpisce la città. Dieci ragazzi di nobili origini, sette ragazze e tre ragazzi fuggono dalla pericolosa città e si trasferiscono in una villa di campagna. Per dieci giorni si terranno compagnia: a turno, ogni giorno verrà eletto un re che sceglierà un tema, sulla base del quale i dieci ragazzi racconteranno delle novelle. Così verranno scelte novelle su tema libero, su novelle a lieto fine, sugli amori, sugli amori a lieto fine, sugli amori tormentati e infelici, sulle beffe. Personalmente ho letto quest’opera grazie ad un gruppo lettura, spingendomi ad uscire dalla “comfort zone” dei generi letterari da cui fatico a separarmi. La lettura non è delle più semplici, anzi, inizialmente ho faticato a comprendere il testo . Nel proemio, introduzione e prima giornata, sono affiorate le difficoltà più consistenti. Il linguaggio è particolarmente ostico all’inizio e si fatica ad abituarcisi, ma una volta incalzato il ritmo, si prende la mano. Particolarmente divertenti le giornate sulle beffe, e la rivalsa di Boccaccio sulla Chiesa (ah le cattive figure che faranno questi uomini clericali!). In molte occasioni il ruolo della donna è denigrato e sottomesso, in altre mi ha quasi stupito. Ho quasi odiato il personaggio di Calandrino, ma per il resto questo testo mi ha colpita in positivo. Piacevolmente interessante e sorprendente nelle visioni moderne e liberali. È un testo dinamico, che varia forma a seconda del genere delle novelle. Ha superato le mie aspettative.
Federica Catania