Alessandro Barbero, storico e grande conoscitore del Medioevo, c’illustra una delle figure più imponenti della nostra Storia: Dante Alighieri. Ridurre il Sommo Poeta, solamente come tra i più grandi interpreti della letteratura sarebbe un enorme errore. Sembrerebbe una provocazione, ma Dante è stato anche un guerriero e soldato in prima linea, politico di primo ordine, figura primaria culturale e sociale della sua epoca. La città gigliata nell’era in cui visse era un centro brulicante e viva, pieno di cantieri, dove Comune e Chiesa finanziavano opere, per creare una Firenze che oggi conosciamo ma che il poeta fiorentino non conobbe mai. Ricoprì le più alte cariche istituzionali della sua città natìa, dal Consiglio Speciale del capitano del popolo, al consiglio dei Cento nominato direttamente dai propri, paragonabile ad un attuale parlamento. I partiti non erano delineati come ai giorni d’oggi, gli schieramenti erano divisi dalle due fazioni Guelfi vicini alla Chiesa e Ghibellini vicino all’Impero. Per lotte interne di visione politiche differenti, i guelfi si divisero in Bianchi, per un appartenenza alla Chiesa ma per un’ autonomia dal Papa ed in Nero verso un ortodossia e fedeltà al capo spirituale della cristianità. Dante, uomo libero e prima figura “laica”, schierato con i Bianchi a causa di ciò, visse la parte più difficile della propria esistenza: l’esilio. L’allontanamento dalla propria città amata, lo portò ad elaborare e concludere opere letterarie e saggi politici ancora studiati oggigiorno. L’autore torinese in quest’opera, non scrive un romanzo biografico ma un saggio sulla figura complessa di Dante Alighieri. Il suo lavoro accademico coadiuvato dai pochi documenti ancora esistenti, grazie ai “biografi” dell’epoca, Boccaccio e Brunetto Latini, riuscirà a contestare stereotipi e falsi storici sulla vita del Sommo Poeta. Personalmente ritengo una lettura da affrontare dopo aver letto una biografia approfondita, per affinare e comprendere meglio le tesi controverse su questa grande figura dell’intera umanità
recensione di Antonio Martino
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